Ultima chiamata per San Benedetto – Miranda

Sono dieci mesi che, come Miranda – Laboratorio di politica e partecipazione, lavoriamo perché le forze progressiste, ambientaliste e antifasciste si uniscano in vista delle elezioni comunali. Il nome di Francesca Pulcini e l’ampia convergenza che sta raccogliendo tra le forze politiche di quest’area, visti anche gli ultimi sviluppi, lasciano ben sperare.
Il nostro auspicio è quindi quello di veder proseguire questo percorso e le forze politiche possano convergere sul nome di Francesca.
Ci rivolgiamo alle forze politiche con cui in questi mesi abbiamo dialogato, con l’onestà e la trasparenza di cui abbiamo sempre dato prova: «Tre passi avanti, uno indietro per umiltà», come cantava il poeta.
Noi, all’unità, ci abbiamo lavorato alacremente, assumendoci anche rischi e responsabilità che non erano nostre. Abbiamo anche pensato che non ce l’avremmo mai fatta, che questa unità fosse irraggiungibile. Nelle ultime due settimane abbiamo seguito il percorso della candidatura di Francesca Pulcini con rinnovata fiducia nel buonsenso delle forze politiche. Manca solo un ultimo sforzo: l’obiettivo è davvero a un passo. Francesca Pulcini andrebbe ben oltre il rappresentare l’unità: incarnerebbe quel rinnovamento che il popolo del centrosinistra invoca da anni. A beneficiarne sarà soprattutto San Benedetto: un fronte progressista, ambientalista e antifascista unito per sconfiggere la peggiore destra rappresentata da Pasqualino Piunti e dalla sua cricca.

Miranda – Laboratorio di politica e partecipazione

Elezioni comunali, la versione di Miranda

Nelle ultime settimane abbiamo taciuto. Lo abbiamo fatto mentre tuttə ci tiravano per la proverbiale giacchetta, hanno messo in giro voci non sempre lusinghiere sul nostro conto, hanno cercato di strumentalizzare posizioni che non abbiamo mai assunto. Avremmo avuto molte cose da dire, ma, per il principio di correttezza che – faticosamente – abbiamo sempre seguito in questo nostro percorso alla ricerca dell’unità e rinnovamento del centrosinistra, abbiamo preferito tacere: non ci sembrava il caso, insomma, di infiammare ulteriormente un dibattito politico già di per sé stupidamente incandescente.
Adesso però crediamo sia arrivato il momento di prendere la parola, e intendiamo farlo in modo completo e articolato, in modo che non possano più esserci dubbi su quello che è e quello che vuole fare Miranda – Laboratorio di politica e partecipazione.
Ripercorriamo i fatti: circa due settimane fa, tra mille difficoltà, abbiamo convocato la candidata sindaca e i due candidati sindaco dell’area democratica, progressista e antifascista di San Benedetto. Avevamo chiesto riservatezza e il proposito è sfumato nel giro di pochi minuti dal termine dell’incontro. Ad ogni modo, durante l’incontro è stato chiesto loro, in quanto rappresentanti di un discreto numero di forze civiche e politiche, di fare un passo indietro per favorire l’unità della coalizione su un nome diverso dal loro. Lo abbiamo fatto sulla base di una serie di considerazioni eminentemente politiche: quando, per la prima volta, all’inizio di giugno siamo riuscitə a mettere i tre candidatə a sedere allo stesso tavolo, abbiamo constatato che, tra loro, non sussistessero differenze sostanziali di visione politica sul futuro della città. Abbiamo così pensato che il problema non fosse tanto quello di raggiungere una sintesi programmatica, quanto quello di trovare un nome in grado di mettere insieme le varie anime.
Non era nostra responsabilità, ma una proposta l’abbiamo avanzata e abbiamo contestualmente chiesto ai e alla candidatə di discutere della cosa con le forze politiche che li sostengono. Al termine dell’incontro abbiamo inoltre detto alla candidata e ai candidati che sarebbe stato programmato un nuovo incontro per ascoltare le loro risposte alla nostra proposta.
Nei giorni seguenti le risposte sono arrivate a mezzo stampa, cosa che abbiamo ritenuto leggermente offensiva nei nostri confronti, vista la correttezza che abbiamo sempre dimostrato verso tuttə. Ci saremmo aspettatə, insomma, maggiore rispetto e una risposta franca e sincera, guardandoci negli occhi.
In ogni caso, abbiamo preso atto di queste notizie, giudicandole comunque molto poco utili a raggiungere l’obiettivo che più interessa non tanto (e non solo) Miranda, ma soprattutto i cittadini e le cittadine sambenedettesi che vorrebbero sostenere una coalizione di centrosinistra: l’unità.
Con un notevole sforzo in termini di pazienza, abbiamo comunque deciso di convocare nuovamente i candidati e la candidata per ricevere una risposta ufficiale alla nostra proposta: crediamo in una politica fatta di valori e di persone, quindi continuiamo a pensare che il confronto diretto sia il metodo migliore per affrontare e (auspicabilmente) risolvere le questioni.
A questa chiamata hanno subito risposto in maniera affermativa sia Paolo Canducci sia Serafino Angelini, mentre, ancora una volta a mezzo stampa, abbiamo appreso che Aurora Bottiglieri non si sarebbe presentata.
Per il dovuto rispetto verso chi ci aveva mostrato la propria disponibilità, abbiamo deciso di svolgere comunque l’incontro. L’assenza di una parte importante della coalizione che auspichiamo, non possiamo che leggerla come un qualcosa di negativo e, in una certa misura, anche un poco scorretto verso il nostro lavoro, e il nostro impegno a mantenere tutta la vicenda sui binari del rispetto.
L’incontro, ad ogni buon conto, ha prodotto comunque una notizia positiva: la disponibilità di massima dei due candidati presenti a fare un passo indietro, qualora anche la terza lo facesse, in favore di un nome di unità.
Senza farci alcuna illusione, comunque, si tratta sicuramente di un fatto positivo e che ci auguriamo apra nuove possibilità e scenari.
Al netto di tutto ciò e alla luce dei fatti di questi giorni – già, sin qui abbiamo semplicemente raccontato in maniera accurata come sono andate le cose –, crediamo di dovere fare alcune considerazioni.
1) Miranda è un laboratorio di politica e di partecipazione, non un’associazione, non un partito, non «i giovani del Pd», non una corrente ad uso e consumo di questo o di quello. Siamo «una forma originale della politica», come abbiamo detto sin dalla nostra fondazione lo scorso mese di ottobre.
2) Miranda è un agglomerato di ragazze e di ragazzi che vengono da esperienze politiche diverse, diversi modi di intendere la militanza, diversa appartenenza. Alcuni hanno tessere di partito, altri del sindacato, altri ancora fanno parte di associazioni e collettivi. C’è anche chi è alla prima esperienza in assoluto. Riteniamo tutto questo un patrimonio di freschezza e di credibilità di cui la galassia progressista cittadina ha molto bisogno.
3) In questi mesi moltə hanno sentito il bisogno di dirci «dovreste fare questo, dovreste fare quello…». Molti, anzi quasi tutti, ci hanno attaccato addosso l’etichetta di essere eterodiretti da questo o quell’esponente politico. Vi vogliamo rivelare un segreto: Miranda non risponde e non risponderà mai a nessuno, perché Miranda è una realtà composita, che si fonda sull’idea che una politica diversa sia possibile tra ragazze e ragazzi che la pensano talvolta anche in maniera molto diversa tra loro. I nostri obiettivi saranno sempre quelli dell’unità e del rinnovamento. Se per raggiungerli dovremo scontentare qualche notabile o qualche dirigente, ce ne faremo una ragione.
4) Quello che tiene insieme Miranda è un’idea molto semplice: una politica progressista, antifascista, transfemminista, ecologista è possibile in questa città, ma è possibile solo superando le vecchie divisioni, che con la politica hanno molto poco a che fare. Questo, per noi, vuol dire rinnovamento: costruire un nuovo modo di fare.
5) Il percorso di Miranda è appena cominciato. Continueremo a lavorare con coerenza e coraggio alla costruzione di una coalizione ampia, nella società prima ancora che tra le forze politiche. Il mondo non finirà dopo le prossime elezioni, e noi saremo ancora qui.
6) Miranda continuerà a svolgere il suo ruolo di contenitore di nuove esperienze, nuova partecipazione e nuovi stimoli per San Benedetto. Promuovendo la nascita di nuovi spazi di partecipazione e democrazia, in qualsiasi forma. Comunque andranno le prossime elezioni comunali, il nostro impegno non è destinato ad esaurisi.
7) L’auspicio di Miranda è che, nonostante la testarda litigiosità che la classe dirigente del centrosinistra cittadino ha dimostrato fino a qui, i sambenedettesi sapranno andare avanti.

Tanto dovevamo,
le compagne e i compagni di Miranda

Ci vaccinate o no? – di Daniele Lanni

Ieri è stata la Festa della Repubblica, una giornata di grande importanza per il nostro Paese. La vittoria della nostra Democrazia contro la Monarchia. Una ricorrenza arricchita di un significato ulteriore, considerando che oggi in tutta Italia, come comunicato da una circolare del commissario Figliuolo, partono le prenotazioni per i vaccini per tutta la popolazione. La famosa ultima fase della campagna vaccinale che tutti stiamo aspettando con ansia.
Una bella giornata insomma, con una nota stonata: purtroppo nella Regione Marche così non è. Oggi ci siamo svegliati contenti, e abbiamo finalmente pensato che toccasse anche a noi prenotare finalmente il tanto atteso vaccino. Abbiamo atteso, giustamente e opportunamente, che le categorie più a rischio e le persone con più anni di noi si vaccinassero prima di noi, e ci mancherebbe. 
Ma oggi che toccava finalmente anche alla nostra generazione, gli under 40, il sito della Regione Marche continua a mantenere la schermata che ci informa che di noi se ne parlerà a luglio. Insomma, nulla di fatto. Non nelle Marche. Nel resto d’Italia, in ogni Regione con modalità diverse, il resto dei nostri coetanei di nord e sud stanno prenotando il proprio vaccino. Nella nostra regione chissà quando ci toccherà, non ci è dato sapere. 
E persino le persone under 40 con comorbidità hanno, con molti problemi tecnici, potuto iniziare a prenotarsi giusto qualche giorno fa, con settimane di ritardo rispetto al resto d’Italia. 
C’è da dire che non siamo stupiti, non sorprende più la scarsa considerazione che questa Regione ha delle fasce più giovani della popolazione, ma ingenuamente pensavamo che almeno sulla vaccinazione sarebbe andata diversamente. E invece…
Riusciranno a vaccinarci? Chi lo sa. Attendiamo ordinati e speranzosi. 

Daniele Lanni

Incontro con la e i candidatə progressistə e antifascistə, costruiamo unità e rinnovamento – Miranda

La nostra ultima chiamata per unire le ed i progressistə e sconfiggere le destre: confermato l’incontro con Serafino Angelini, Aurora Bottiglieri e Paolo Canducci, Domenica ore 18.45 al Circolo dei Pescatori di San Benedetto del Tronto.

Nei giorni passati abbiamo inviato alla candidata e ai candidati che sono in campo nel mondo progressista e antifascista un invito, che abbiamo poi pubblicato su queste colonne. Abbiamo sentito il bisogno di fare un tentativo coerente con il nostro percorso e provare a mettere la candidata e i due candidati che riteniamo del fronte progressista e antifascista di fronte alla necessità di unità e rinnovamento, invitandoli a farlo pubblicamente incontrandosi con noi.
Abbiamo ricevuto risposta positiva da tutte e tutti e siamo riusciti a concordare la data di Domenica ore 18.45. Vogliamo spiegare sin da ora che il senso di questo incontro sarà quello di unire, e non di dividere. Perché, come da mesi ripetiamo in continuazione, soltanto uniti potremo vincere la sfida più importante che è quella di sottrarre questa città alla destra, e combattere contro la cultura dell’odio, e i rigurgiti fascisti e clientelari che questa Amministrazione ha prodotto negli ultimi 5 anni. Ci vedremo domenica al Circolo dei Pescatori. L’incontro, seppur pubblico, sarà un incontro esclusivamente tra le ragazze e i ragazzi di Miranda e i tre candidatə.

Il percorso del Laboratorio di Politica e Partecipazione Miranda nasce ormai ad Ottobre con l’intento di unire. Creare una unità vera, in grado di superare i personalismi, le divisioni che ci hanno portato a consegnare la città alle destre.

Questo è l’ultima chiamata che vogliamo fare a tuttə le attrici e gli attori in campo, per sottolineare quanto sia importante superare vecchie divisioni e ruggini, costruire sui valori condivisi, e dare la possibilità alla nostra generazione di impegnarsi senza dover vivere le divisioni personalistiche del passato, ma soltanto nello spirito del miglioramento dell’esistenza.
Speriamo di riuscirci, insieme.

Le ragazze e i ragazzi di Miranda

L’ultima chiamata per unire i progressisti e sconfiggere le destre. Invito alle candidate e ai candidati

Di parole, su queste colonne come altrove, nelle nostre assemblee e in ogni spazio possibile, ne abbiamo spese tantissime sull’importanza di ricomporre il quadro della sinistra sambenedettese. La pericolosità e incapacità della destra che ha governato la città la conosciamo tutti bene e non ci convincono esperimenti centristi aperti ad accogliere pezzi di centrodestra, e addirittura pezzi dell’amministrazione uscente.
Il 25 Aprile è stata una bellissima giornata di mobilitazione quest’anno a San Benedetto, tutti ne abbiamo memoria e ne siamo stati orgogliosi. E in quella piazza abbiamo respirato il profumo di antifascismo ed unità che vorremmo vedere anche a San Benedetto, mentre vediamo ancora il nostro campo non ricomposto e non in grado di costruire le giuste mediazioni, rinunciando agli attriti del passato e ai personalismi che tanto hanno fatto male al centrosinistra e ai progressisti
In questo spirito, quello che ci ha mosso dall’inizio, del rinnovamento, dell’unità, della ricomposizione del nostro campo, dell’unità delle forze progressiste e antifasciste, abbiamo deciso di invitare ad un incontro aperto con le ragazze e i ragazzi che hanno animato il percorso del Laboratorio di Politica e Partecipazione Miranda, i tre candidat* che in questo momento sono in campo: Aurora Bottiglieri, Paolo Canducci e Serafino Angelini.
A loro arriverà il nostro invito, luogo e data da confermare, per confrontarsi con le ragazze e i ragazzi di Miranda sui temi centrali per il rilancio di San Benedetto, sulle ragioni che devono farci maturare una spinta unitaria, sulle questione che i nostri attivisti vorranno porgli.
Ora che siamo ormai agli sgoccioli e la campagna elettorale incombe, noi siamo convinti che un tentativo ultimo di tentare una ricomposizione lo dobbiamo, per coerenza, alle ragazze e ai ragazzi che ci hanno seguito e che hanno creduto in un campo progressista unito, forte, convincente e vincente.
Come abbiamo scritto spesso: non è più il tempo delle divisioni, è il tempo dell’unità.
Questa è l’ultima chiamata. Rispondete, vi preghiamo.

Le ragazze e i ragazzi di Miranda

Super Lega in fuorigioco

Nelle coppe europee prevale l’imponderabile. Dobbiamo trasformarle in un campionato continentale, con certezze gestionali ed economiche per le società. Andremmo a giocare sempre a Madrid, Barcellona e Lisbona, non in qualche paesino sperduto di provincia
Analizziamo il virgolettato.
Si parte dall’ “imponderabile”. L’imponderabile stuzzica un desiderio tra i più irrefrenabili del genere umano: la curiosità. Di fronte all’imponderabile, lo scienziato si pone l’obiettivo di scoprire, conoscere e mettere le nuove nozioni a disposizione dell’umanità intera. È quanto i ricercatori di tutto il mondo hanno fatto e continuano a fare di fronte all’imponderabilità della pandemia da Coronavirus. 
L’uomo economico non dispone degli strumenti dell’uomo di scienza, ma sa che qualsiasi cosa generi un desiderio può diventare un prodotto da commercializzare. Seguendo il suo schema, l’attrazione per l’imponderabilità va normalizzata e messa a disposizione della clientela già esistente e potenziale, attraverso una promozione di immediata comprensione. In questo caso, le Coppe vanno “trasformate” al fine di generare “certezze gestionali ed economiche”: il salto nell’imponderabilità, altro non è che un’occasione da cogliere.
La frase conclusiva è il veicolo promozionale che mette a confronto le capitali del calcio “Madrid, Barcellona e Lisbona” con il “paesino di provincia”. Un campionato composto esclusivamente da super-partite, un lusso fruibile da tutti previo pagamento di un canone TV, messo a paragone con le trasferte faticose, fangose e tetre come la vita di tutti i giorni. 
Silvio Berlusconi pronunciò la frase analizzata finora nel contesto ideale, durante la festa per il suo Milan che aveva appena conquistato il campionato. Era il 17 maggio 1988 e Berlusconi era stato il primo ad evocare la creazione di una Super Lega.
Quanto successo a partire dalla notte di domenica 17 aprile e per le successive 48 ore, dunque, altro non è che la naturale prosecuzione di una traiettoria che ha avuto origine, come visto, in tempi non recenti. Accelerata e catalizzata da una crisi pandemica che ha aggiunto lacrime e sangue a bilanci societari non immacolati, grazie a gestioni manageriali oltre lo spericolato. La proposta di una Super Lega chiusa, elitaria e a inviti, però, non avrebbe solo introdotto una nuova competizione, né semplicemente decretato il declino di un’altra. Piuttosto avrebbe causato la modificazione genetica di uno sport sottoposto già da anni a logiche finanziarie e imprenditoriali ben lontane dallo spirito sportivo. Vien da chiedersi allora quale possa essere il futuro del calcio se si comprende, com’è probabile, che il progetto Super Lega sia solo rimandato ma non archiviato. Una strutturale virata verso lo show-business di matrice USA (che ne dimentica i correttivi) tesa a trasformare i tifosi in clienti, a volgere lo sguardo verso ricchi mercati esotici nascondendosi dietro il paravento delle nuove generazioni, poco attente al calcio come narrativa vorrebbe. Ma se questo disinteresse esiste, come rilevano i sondaggi, forse le responsabilità vanno anche cercate oltre i format. In un modello di sviluppo e di ripartizione di risorse che da vent’anni a questa parte insegue l’incremento degli introiti dimenticando di calmierare i costi, aumentando la forbice tra grandi club e medio-piccoli, con poche multinazionali applicate al pallone che fagocitano tutto. Segno dei tempi, si dirà, peccato che la svolta aziendale non sia accompagnata da un’adeguata gestione manageriale, producendo conti che avrebbero costretto qualsiasi altra impresa a portare i libri in tribunale da tempo. Senza dimenticare poi le ricadute di questi costi sui tifosi, in special modo i più giovani, globalmente sempre più poveri e precari e tenuti lontani dal calcio anche a causa di costi ormai fuori portata tra stadio e abbonamenti tv vari. 
Ciò che lascia questa brutta storia di goffi colpi di mano tentati nel giro di una notte è il senso di un’occasione persa e una leziona mancata. Che la pandemia potesse rappresentare il detonatore di un cambiamento strutturale orientato verso la sostenibilità anziché l’incremento di una bolla. E invece il senso della tentata Super Lega ci parla solo della disperazione di pochi club che annegano tra i debiti senza sapere come uscirne se non proponendo competizioni di plastica. Tutto l’opposto di quello che si dovrebbe fare, mentre chi fino ad oggi è stato complice di questa deriva, ovvero le istituzioni sportive, può ipocritamente ergersi a paladino della purezza del gioco. Un ossimoro edificato dall’ingordigia di pochi, forse in linea con i tempi, chissà col futuro.
Tutto molto attuale, tutto molto triste. 

Paolo Piunti
Luca Cinciripini

25 APRILE 2021 Strade di liberazione – Organizzato da ANPI San Benedetto del Tronto

Abbiamo aderito all’evento “Strade di liberazione” organizzato dall’ANPI San Benedetto del Tronto per il 25 aprile 2021.
Deporremo un fiore sotto le targhe delle vie e delle piazze dedicate ad antifascistə e partigianə.

Luoghi e orari:
Piazza Nardone – ore 16.00
Via Paolini – ore 16.20
Via Mazzocchi – ore 16.40
Piazza Matteotti – ore 17.00

Hanno aderito:
Arci, Articolo Uno, Buon Vento, Cambia San Benedetto, CGIL, Dipende da Noi, Ass. #Iosono141, Italia Viva, Legambiente Circolo Lu Cucale, Libera, Liberə Tuttə, Miranda Lab, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Radicali, Rifondazione Comunista, RinasciMarche, Robin Hood – Rete degli Studenti Medi, Sinistra Italiana, Spazio 18, Verdi.

La strada da imboccare – di Stefano Chelli

Alcuni giorni fa mi è capitato di discutere con un attivista politico del centrodestra locale. Chiesi quale fosse la sua visione strategica per il futuro del territorio. Mi rispose elencando una mirabolante lista di infrastrutture, soprattutto stradali. Rimasi perplesso e ripetei la domanda. «Te l’ho appena detto», rispose seccato.
Riflettei su due aspetti. Innanzitutto c’era una chiara confusione metodologica e concettuale sulla differenza tra strategia, obiettivi ed azioni finalizzate ad attuarli. Confusione che purtroppo credo sia estremamente diffusa nell’attuale classe politica locale, regionale e nazionale. L’importante è “fare cose”, mostrare che si è uomini del “fare”. Il contesto in cui si inserisce questo “fare” è assolutamente assente, così come la direzione verso cui si vuole guidare una comunità.
L’altro aspetto entra nel merito della questione, ossia le infrastrutture, soprattutto stradali. Terze corsie e bretelle serpeggiano già nell’attuale campagna elettorale locale e saranno bandierine da sventolare sempre più. Già si intravedono passerelle di politici regionali e locali pronti ad evocare piogge di milioni di euro e di bitume. Quali sono i reali benefici economici e sociali di tutto questo, in un territorio già estremamente “infrastrutturato”? Raggiungere Grottammare risparmiando 10 minuti è forse strategico per le imprese locali? O crediamo ancora alla favoletta (smentita da decenni) che nuove strade riducono il traffico e il relativo inquinamento? Evitare quei 3 o 4 incolonnamenti nel periodo estivo (al netto dei continui e disorganizzati cantieri autostradali) permetterà l’arrivo di frotte di nuovi turisti e il passaggio di nuove merci? Guardiamoci negli occhi, la risposta è NO.
L’esempio lampante è dato dall’entroterra marchigiano; mi riferisco alla zona del fabrianese, area interessata decenni or sono dal dirompente fenomeno dell’industria montana. Fenomeno originato in un periodo di scarsa infrastrutturazione del territorio ed oggi completamente tramontato, nonostante le faraoniche opere della cosiddetta “quadrilatero”. Si veda la progressiva desertificazione industriale (oggi si discute ad esempio dell’azienda Elica) in parallelo all’inaugurazione di nuovi tratti della quadrilatero.
Le evidenze ci portano a considerare che, nel XXI secolo, in un paese sviluppato, serva ben altro. Infrastrutture si, ma che partano dalla nostra testa: innovazione, ricerca, formazione, nuove tecnologie applicate alla quotidianità. Questa credo sia la chiave per una crescita del nostro territorio, per creare nuova occupazione, per migliorare la qualità della vita e dell’ambiente.
Senza questa “visione”, le nuove strade serviranno per…emigrare più velocemente!

Stefano Chelli

La scuola ai tempi del Coronavirus – Rete degli Studenti Medi Robin Hood

In questi mesi la scuola è stata soggetta a continui cambiamenti a causa dell’emergenza sanitaria che ha messo a dura prova tutto il mondo e, qui nelle Marche, si è da poco tornati alla didattica in presenza al 50%.
Sono stati gli istituti d’istruzione superiore quelli che più di tutti hanno risentito di questa situazione, in un clima di incertezza che non ha mai permesso una continuità nel percorso didattico: è infatti da ottobre che si oscilla tra didattica in presenza e a distanza, condizione che  si protrarrà fino al termine dell’anno scolastico, visto l’andamento variabile dei contagi. 
Sul rientro in presenza si è molto discusso, tra chi propende per non tornare in classe e chi invece è contrario alla DaD. La questione, tuttavia, si articola in più aspetti e non può essere trattata superficialmente come spesso viene fatto, ma occorre considerare quale sia davvero la modalità migliore per una didattica sicura, che garantisca agli studenti diritto allo studio e salute. Queste ultime, che dovrebbero essere priorità, non sono state però trattate come tali: la scuola, sin dall’inizio della pandemia, è stata posta in secondo piano perché non direttamente utile alla crescita economica del Paese, lasciando indietro tantissimə studentə. Spesso la didattica a distanza è stata adottata come ripiego senza considerare invece un piano funzionale per un rientro in sicurezza. I risultati sono evidenti: dal notevole aumento dell’abbandono scolastico negli ultimi due anni ai disagi psicologici che gli studenti vivono quotidianamente.
La pandemia che da più di un anno a questa parte stiamo vivendo ha ridimensionato drasticamente i rapporti interpersonali di tuttə.
Noi, a San Benedetto come in tutta Italia, riducendo le occasioni di socialità che la scuola stessa forniva in presenza. La didattica a distanza favorisce la creazione di un clima teso dovuto a una generale diffidenza in primo luogo da parte dei docenti, che spesso degenera in episodi umilianti come le “interrogazioni da bendati”. Allo stesso tempo anche lə studentə, hanno maturato una sfiducia nei confronti dei docenti e nelle istituzioni stesse da cui non si sentono ascoltati, come dimostrato dai molteplici dati che dovrebbero farci riflettere sui rischi a cui lə studentə sono espostə.
Uno studio sui pronto soccorso pediatrici di Torino, Cagliari e di altri 21 ospedali in dieci Paesi diversi durante la prima ondata di Covid, pubblicato su «European Child and Adolescent Psychiatry», mostra ciò che è successo in tutto il mondo: gli accessi per atti di autolesionismo in marzo e aprile 2020 aumentano dal 50% al 57%, con un’incidenza in crescita degli «intenti suicidi» e dell’isolamento come fattore scatenante.
Sono numerosi infatti i problemi sorti con la didattica a distanza, tra questi l’aumento di tensione e stress e la sempre maggiore difficoltà di concentrazione. 
A questo generale clima di diffidenza, si aggiunge il fatto che l’apprendimento didattico è fortemente ostacolato: in mancanza di adeguati supporti e con rapporti tra studentə e professorə sempre più labili, chi ha maggiori difficoltà viene lasciato ancor più indietro. 
Questi sono solo alcuni tra i tanti esempi che si potrebbero fare per raccontare i disagi della DaD, che per tali motivi non può essere considerata al pari della didattica in presenza.  
Come Robin Hood crediamo che non sia possibile, a fronte di tutti questi problemi, sacrificare il diritto allo studio ripiegando su soluzioni sbrigative che addossano alle scuole la colpa delle nuove ondate di contagi, come recentemente smentito dalla Camera dei Deputati.
Occorre invece mettere l’istruzione al primo posto e investire su una scuola che garantisca a tuttə lə studentə un piano di apprendimento sicuro che non lasci indietro nessuno!

Rete degli Studenti Medi – Robin Hood

Dalla parte delle persone – di Gianluca Pompei

Leggo sempre con piacere gli articoli che sta pubblicando in questi giorni Miranda Mag, come seguo con interesse il dibattito che in modi e sedi diverse sta contribuendo a riaccendere.
E allora mi sono chiesto se ci fosse un modo, una prospettiva, che potesse aiutare ad allargare quel dibattito. Se fosse possibile portare all’attenzione angolazioni diverse, che potessero in qualche maniera aiutare a portare quel dibattito un passo più avanti.
Il minimo comune denominatore mi sembra chiaro, ridare a San Benedetto un futuro, uno degno di questo nome, uno che non sia da un lato un presente che continua ad invecchiare come quello che stiamo vivendo in questi 5 anni, ma neanche un “futuro da torcicollo” uno di quei futuri fatti tutto di un guardarsi nostalgicamente indietro quasi cedendo al tragico adagio del “si stava meglio quando si stava peggio”.
E allora se è vero che per ridare una prospettiva a questa nostra città dobbiamo fare lo sforzo di unirla, perché nelle divisioni e nella frammentazione prosperano i personalismi e perché nelle divisioni vincono i più forti e i più deboli e soli si ritrovano ancora più deboli e ancora più soli, allora la vera domanda da farci è intorno a cosa vogliamo unire questa città.
Se i valori e gli ideali come libertà e democrazia sono certamente il fertilizzante dei semi migliori è certo che restano il fertilizzante, l’humus, ma non possono sostituire i semi, le idee, gli orizzonti.
Per questo in una città ripiegata su se stessa, stremata dalla pandemia e dalle sue conseguenze arrivate come calci su un corpo sociale già a terra per gli anni di crisi e per quelle speranze di futuro che hanno lasciato San Benedetto da troppo tempo, come le sue energie migliori, un futuro che abbia la dignità del nome che porta non può che ripartire dalla ricostruzione di un senso di comunità.
Se da un lato la pandemia ha mostrato tutta la fragilità della nostra società, tutti i limiti dei nostri sistemi di sostegno e di welfare, dall’altro ha anche rivelato al grande pubblico un tessuto trasversale fatto di solidarietà e generosità di persone che sono state e sono pronte ad attivarsi per aiutare il proprio vicino che non ce la fa.
Un tessuto fatto di associazioni, gruppi, ma soprattutto persone che non hanno sentito il bisogno di fermarsi alle etichette, alle storie e alle cronache personali, per sapere che era il momento di dare una mano alle altre persone.
E forse è da qui che potremmo ripartire, dalle persone.
Da una città che oltre il rumore delle classi dirigenti di ogni colore, sempre più esigue, ha dimostrato nella sofferenza di saper ritrovare la voglia di combattere per i suoi cittadini senza sentire il bisogno di sapere che bandiera sventolano o per quali generali hanno parteggiato o combattuto in passato.
Perché se è vero che questa pandemia è come una guerra allora dobbiamo pensare che quando la guerra è finita una comunità vera prova a ripartire insieme e solo i pazzi e gli invasati passano a falciare i sopravvissuti che furono avversari o a spargere il sale nei campi da cedere a quelli che furono il nemico.
Sono certo che questa città, quella fatta dalle persone che non si lasciano andare a questi istinti, al “se non è per me non è per nessuno”, è la maggioranza dei sambenedettesi, ed è la nostra più vera ed autentica città.
C’è molta più San Benedetto in quelle persone che nelle opere pubbliche, nei particolarismi, in tutto il resto.
Ci aspettano anni che temo passeremo molto più a cercare di tirare “fuori dal fango” i nostri concittadini travolti da questa nuova realtà che ci ha sconvolto la vita, che a costruire cattedrali o a comporre inni per far ricordare l’ego dei governanti di turno.
E allora oggi il vero coraggio è come sempre quello di prendere parte, ma non di stare dalla parte di questo o di quello, a destra o a sinistra, per difendere il poco che abbiamo e che siamo terrorizzati di perdere, no.
Il coraggio del nostro tempo è quello di stare dalla parte delle persone.
Perché le persone sono ciascuno di noi e l’unica San Benedetto possibile sarà quella che avrà il coraggio di dire che una città, che sia città veramente, se è costretta a scegliere, sceglie di ripartire iniziando dalle piccole cose, perché dalle piccole cose possiamo non solo ripartire ma possiamo anche farlo tutti insieme.

Gianluca Pompei