Ultima chiamata per San Benedetto – Miranda

Sono dieci mesi che, come Miranda – Laboratorio di politica e partecipazione, lavoriamo perché le forze progressiste, ambientaliste e antifasciste si uniscano in vista delle elezioni comunali. Il nome di Francesca Pulcini e l’ampia convergenza che sta raccogliendo tra le forze politiche di quest’area, visti anche gli ultimi sviluppi, lasciano ben sperare.
Il nostro auspicio è quindi quello di veder proseguire questo percorso e le forze politiche possano convergere sul nome di Francesca.
Ci rivolgiamo alle forze politiche con cui in questi mesi abbiamo dialogato, con l’onestà e la trasparenza di cui abbiamo sempre dato prova: «Tre passi avanti, uno indietro per umiltà», come cantava il poeta.
Noi, all’unità, ci abbiamo lavorato alacremente, assumendoci anche rischi e responsabilità che non erano nostre. Abbiamo anche pensato che non ce l’avremmo mai fatta, che questa unità fosse irraggiungibile. Nelle ultime due settimane abbiamo seguito il percorso della candidatura di Francesca Pulcini con rinnovata fiducia nel buonsenso delle forze politiche. Manca solo un ultimo sforzo: l’obiettivo è davvero a un passo. Francesca Pulcini andrebbe ben oltre il rappresentare l’unità: incarnerebbe quel rinnovamento che il popolo del centrosinistra invoca da anni. A beneficiarne sarà soprattutto San Benedetto: un fronte progressista, ambientalista e antifascista unito per sconfiggere la peggiore destra rappresentata da Pasqualino Piunti e dalla sua cricca.

Miranda – Laboratorio di politica e partecipazione

Elezioni comunali, la versione di Miranda

Nelle ultime settimane abbiamo taciuto. Lo abbiamo fatto mentre tuttə ci tiravano per la proverbiale giacchetta, hanno messo in giro voci non sempre lusinghiere sul nostro conto, hanno cercato di strumentalizzare posizioni che non abbiamo mai assunto. Avremmo avuto molte cose da dire, ma, per il principio di correttezza che – faticosamente – abbiamo sempre seguito in questo nostro percorso alla ricerca dell’unità e rinnovamento del centrosinistra, abbiamo preferito tacere: non ci sembrava il caso, insomma, di infiammare ulteriormente un dibattito politico già di per sé stupidamente incandescente.
Adesso però crediamo sia arrivato il momento di prendere la parola, e intendiamo farlo in modo completo e articolato, in modo che non possano più esserci dubbi su quello che è e quello che vuole fare Miranda – Laboratorio di politica e partecipazione.
Ripercorriamo i fatti: circa due settimane fa, tra mille difficoltà, abbiamo convocato la candidata sindaca e i due candidati sindaco dell’area democratica, progressista e antifascista di San Benedetto. Avevamo chiesto riservatezza e il proposito è sfumato nel giro di pochi minuti dal termine dell’incontro. Ad ogni modo, durante l’incontro è stato chiesto loro, in quanto rappresentanti di un discreto numero di forze civiche e politiche, di fare un passo indietro per favorire l’unità della coalizione su un nome diverso dal loro. Lo abbiamo fatto sulla base di una serie di considerazioni eminentemente politiche: quando, per la prima volta, all’inizio di giugno siamo riuscitə a mettere i tre candidatə a sedere allo stesso tavolo, abbiamo constatato che, tra loro, non sussistessero differenze sostanziali di visione politica sul futuro della città. Abbiamo così pensato che il problema non fosse tanto quello di raggiungere una sintesi programmatica, quanto quello di trovare un nome in grado di mettere insieme le varie anime.
Non era nostra responsabilità, ma una proposta l’abbiamo avanzata e abbiamo contestualmente chiesto ai e alla candidatə di discutere della cosa con le forze politiche che li sostengono. Al termine dell’incontro abbiamo inoltre detto alla candidata e ai candidati che sarebbe stato programmato un nuovo incontro per ascoltare le loro risposte alla nostra proposta.
Nei giorni seguenti le risposte sono arrivate a mezzo stampa, cosa che abbiamo ritenuto leggermente offensiva nei nostri confronti, vista la correttezza che abbiamo sempre dimostrato verso tuttə. Ci saremmo aspettatə, insomma, maggiore rispetto e una risposta franca e sincera, guardandoci negli occhi.
In ogni caso, abbiamo preso atto di queste notizie, giudicandole comunque molto poco utili a raggiungere l’obiettivo che più interessa non tanto (e non solo) Miranda, ma soprattutto i cittadini e le cittadine sambenedettesi che vorrebbero sostenere una coalizione di centrosinistra: l’unità.
Con un notevole sforzo in termini di pazienza, abbiamo comunque deciso di convocare nuovamente i candidati e la candidata per ricevere una risposta ufficiale alla nostra proposta: crediamo in una politica fatta di valori e di persone, quindi continuiamo a pensare che il confronto diretto sia il metodo migliore per affrontare e (auspicabilmente) risolvere le questioni.
A questa chiamata hanno subito risposto in maniera affermativa sia Paolo Canducci sia Serafino Angelini, mentre, ancora una volta a mezzo stampa, abbiamo appreso che Aurora Bottiglieri non si sarebbe presentata.
Per il dovuto rispetto verso chi ci aveva mostrato la propria disponibilità, abbiamo deciso di svolgere comunque l’incontro. L’assenza di una parte importante della coalizione che auspichiamo, non possiamo che leggerla come un qualcosa di negativo e, in una certa misura, anche un poco scorretto verso il nostro lavoro, e il nostro impegno a mantenere tutta la vicenda sui binari del rispetto.
L’incontro, ad ogni buon conto, ha prodotto comunque una notizia positiva: la disponibilità di massima dei due candidati presenti a fare un passo indietro, qualora anche la terza lo facesse, in favore di un nome di unità.
Senza farci alcuna illusione, comunque, si tratta sicuramente di un fatto positivo e che ci auguriamo apra nuove possibilità e scenari.
Al netto di tutto ciò e alla luce dei fatti di questi giorni – già, sin qui abbiamo semplicemente raccontato in maniera accurata come sono andate le cose –, crediamo di dovere fare alcune considerazioni.
1) Miranda è un laboratorio di politica e di partecipazione, non un’associazione, non un partito, non «i giovani del Pd», non una corrente ad uso e consumo di questo o di quello. Siamo «una forma originale della politica», come abbiamo detto sin dalla nostra fondazione lo scorso mese di ottobre.
2) Miranda è un agglomerato di ragazze e di ragazzi che vengono da esperienze politiche diverse, diversi modi di intendere la militanza, diversa appartenenza. Alcuni hanno tessere di partito, altri del sindacato, altri ancora fanno parte di associazioni e collettivi. C’è anche chi è alla prima esperienza in assoluto. Riteniamo tutto questo un patrimonio di freschezza e di credibilità di cui la galassia progressista cittadina ha molto bisogno.
3) In questi mesi moltə hanno sentito il bisogno di dirci «dovreste fare questo, dovreste fare quello…». Molti, anzi quasi tutti, ci hanno attaccato addosso l’etichetta di essere eterodiretti da questo o quell’esponente politico. Vi vogliamo rivelare un segreto: Miranda non risponde e non risponderà mai a nessuno, perché Miranda è una realtà composita, che si fonda sull’idea che una politica diversa sia possibile tra ragazze e ragazzi che la pensano talvolta anche in maniera molto diversa tra loro. I nostri obiettivi saranno sempre quelli dell’unità e del rinnovamento. Se per raggiungerli dovremo scontentare qualche notabile o qualche dirigente, ce ne faremo una ragione.
4) Quello che tiene insieme Miranda è un’idea molto semplice: una politica progressista, antifascista, transfemminista, ecologista è possibile in questa città, ma è possibile solo superando le vecchie divisioni, che con la politica hanno molto poco a che fare. Questo, per noi, vuol dire rinnovamento: costruire un nuovo modo di fare.
5) Il percorso di Miranda è appena cominciato. Continueremo a lavorare con coerenza e coraggio alla costruzione di una coalizione ampia, nella società prima ancora che tra le forze politiche. Il mondo non finirà dopo le prossime elezioni, e noi saremo ancora qui.
6) Miranda continuerà a svolgere il suo ruolo di contenitore di nuove esperienze, nuova partecipazione e nuovi stimoli per San Benedetto. Promuovendo la nascita di nuovi spazi di partecipazione e democrazia, in qualsiasi forma. Comunque andranno le prossime elezioni comunali, il nostro impegno non è destinato ad esaurisi.
7) L’auspicio di Miranda è che, nonostante la testarda litigiosità che la classe dirigente del centrosinistra cittadino ha dimostrato fino a qui, i sambenedettesi sapranno andare avanti.

Tanto dovevamo,
le compagne e i compagni di Miranda

L’ultima chiamata per unire i progressisti e sconfiggere le destre. Invito alle candidate e ai candidati

Di parole, su queste colonne come altrove, nelle nostre assemblee e in ogni spazio possibile, ne abbiamo spese tantissime sull’importanza di ricomporre il quadro della sinistra sambenedettese. La pericolosità e incapacità della destra che ha governato la città la conosciamo tutti bene e non ci convincono esperimenti centristi aperti ad accogliere pezzi di centrodestra, e addirittura pezzi dell’amministrazione uscente.
Il 25 Aprile è stata una bellissima giornata di mobilitazione quest’anno a San Benedetto, tutti ne abbiamo memoria e ne siamo stati orgogliosi. E in quella piazza abbiamo respirato il profumo di antifascismo ed unità che vorremmo vedere anche a San Benedetto, mentre vediamo ancora il nostro campo non ricomposto e non in grado di costruire le giuste mediazioni, rinunciando agli attriti del passato e ai personalismi che tanto hanno fatto male al centrosinistra e ai progressisti
In questo spirito, quello che ci ha mosso dall’inizio, del rinnovamento, dell’unità, della ricomposizione del nostro campo, dell’unità delle forze progressiste e antifasciste, abbiamo deciso di invitare ad un incontro aperto con le ragazze e i ragazzi che hanno animato il percorso del Laboratorio di Politica e Partecipazione Miranda, i tre candidat* che in questo momento sono in campo: Aurora Bottiglieri, Paolo Canducci e Serafino Angelini.
A loro arriverà il nostro invito, luogo e data da confermare, per confrontarsi con le ragazze e i ragazzi di Miranda sui temi centrali per il rilancio di San Benedetto, sulle ragioni che devono farci maturare una spinta unitaria, sulle questione che i nostri attivisti vorranno porgli.
Ora che siamo ormai agli sgoccioli e la campagna elettorale incombe, noi siamo convinti che un tentativo ultimo di tentare una ricomposizione lo dobbiamo, per coerenza, alle ragazze e ai ragazzi che ci hanno seguito e che hanno creduto in un campo progressista unito, forte, convincente e vincente.
Come abbiamo scritto spesso: non è più il tempo delle divisioni, è il tempo dell’unità.
Questa è l’ultima chiamata. Rispondete, vi preghiamo.

Le ragazze e i ragazzi di Miranda

Donna schiava, zitta e lava – di Valeria Cardarelli ed Elisa Gilormello

Maria Lina Vitturini è la nuova Presidentessa della Commissione Pari Opportunità.
Ha scelto, attraverso un post Instagram, di ringraziare tutte le persone che le hanno fatto gli auguri per la nuova carica fotografandosi non in un posto qualunque, ma nella cucina.
Perché? La didascalia del post recita: “La donna generalmente si occupa della casa e la famiglia, della cucina, dei lavori di cura in generale pensano ai figli e gli anziani, in più la maggior parte di loro lavora fuori casa, questo è il concetto di conciliazione casa lavoro”.
Aveva già suscitato reazioni di sdegno, la volontà di allargare il numero delle componenti della Commissione Pari Opportunità (CPO) facendo esplicito riferimento alla volontà di comporla principalmente di madri, donne con carichi famigliari o donne disabili.
CGIL, CISL e UIL Marche hanno contestato questa manovra “perché espressione di una cultura arcaica e patriarcale che vuole le donne relegate all’interno delle mura domestiche nel ruolo di madri amorevoli, angeli del focolare dedite alla cura di figli e familiari. Una proposta che nei fatti nega decenni di battaglie per la libertà, l’uguaglianza, i diritti e l’autonomia delle donne”.
La destra nella Regione Marche e in tutto il paese, sta portando avanti un piano coerente. Il contrasto all’IVG, la limitazione della RU486, i progetti che si vogliono finanziare per portare i privati pro-vita negli ospedali pubblici e nei consultori, sono tutte azioni che si connotano come passi propedeutici alla ricostruzione di un concetto di donna intesa come madre, angelo del focolare e succube dell’autorità patriarcale. Una donna incapace di prendere decisioni che riguardino la propria vita e il proprio corpo.
È vero, bisogna favorire e rendere più semplice per le madri essere madri e per i padri essere padri, ma no, – non ce ne voglia Tajani, che sottolinea come la donna “si realizza pienamente con la maternità”- la donna e la sua rilevanza sociale non si riducono unicamente al ruolo di genitrice.
Una famiglia è tale anche senza figlə.
Una donna è tale anche se di figlə non ne vuole, anche se non può averne e anche se non è etero o cisgender.
Una donna è molto più di etichette e imposizioni eteropatriarcali.
Vogliamo parlare di diritti e tutele reali alla riproduttività? Allora dobbiamo farlo parlando di tutti i corpi gestanti e di tutte le identità, perché queste per noi sono le Pari Opportunità.
La diversità è ricchezza” scrive Fumetti Brutti sull’illustrazione per la copertina de L’Espresso. Sì, vorremmo lo fosse anche per le Marche, la famosa “regione al plurale” che di plurale ormai non ha più niente, non con il potere depositato in mano alla peggiore delle destre!
Quelle destre che oltre a voler limitare i diritti di donne, persone non italiane e persone LGBTQIA+, fomentano un clima di odio inaccettabile, lo stesso odio che è causa delle shitstorm subite da Marte Manca – attivista di Non Una Di Meno Transterritoriale Marche – sotto agli articoli postati da la Repubblica e Cronache Maceratesi.
La sua colpa? Quella di portare all’attenzione le problematiche che si trovano ad affrontare gli uomini trans o le persone trans non binarie che hanno un utero e scelgono, in alcuni casi, di sospendere temporaneamente gli ormoni per avere figlə.
Mentre la destra pensa a riportare la donna etero cis al suo ruolo di fattrice, sono le stesse donne a non riconoscersi in questa immagine retrograda.
Per questo Miranda aderisce all’iniziativa di Liberə Tuttə che ha lanciato la campagna fotografica #ladonnasioccupa.
Per partecipare fatevi una foto con un cartello in mano che rilanci l’hashtag e che racconti di quanto la donna si occupa in realtà: di quello che deve, di quello che può, ma soprattutto di quello che vuole!

Valeria Cardarelli
Elisa Gilormello

25 APRILE 2021 Strade di liberazione – Organizzato da ANPI San Benedetto del Tronto

Abbiamo aderito all’evento “Strade di liberazione” organizzato dall’ANPI San Benedetto del Tronto per il 25 aprile 2021.
Deporremo un fiore sotto le targhe delle vie e delle piazze dedicate ad antifascistə e partigianə.

Luoghi e orari:
Piazza Nardone – ore 16.00
Via Paolini – ore 16.20
Via Mazzocchi – ore 16.40
Piazza Matteotti – ore 17.00

Hanno aderito:
Arci, Articolo Uno, Buon Vento, Cambia San Benedetto, CGIL, Dipende da Noi, Ass. #Iosono141, Italia Viva, Legambiente Circolo Lu Cucale, Libera, Liberə Tuttə, Miranda Lab, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Radicali, Rifondazione Comunista, RinasciMarche, Robin Hood – Rete degli Studenti Medi, Sinistra Italiana, Spazio 18, Verdi.

La nostra parte – di Iacopo Zappasodi

Ho letto con piacere l’intervento di Gianluca Pompei su MirandaMag. Il piacere è dettato dal fatto che il suo contributo si inserisce nella cornice che da qualche tempo a questa parte stiamo provando a proporre per San Benedetto: Miranda nasce per far circolare aria fresca all’interno del centrosinistra, ben vengano quindi gli interventi e i contributi di chi fa parte di questo grande campo politico.
«Dalla parte delle persone» s’intitola l’intervento di Gianluca e sicuramente non gli sarà sfuggito che il motto è preso di peso dalla campagna elettorale del 2020 del Pd di Nicola Zingaretti, quando il centrosinistra che secondo tutti gli osservatori avrebbe dovuto affondare alle regionali ha invece resistito all’assalto della destra, confermandosi al governo di regioni importanti come la Puglia, la Campania e la Toscana.
Fu la conferma che, dove il centrosinistra riesce a fare il centrosinistra, i risultati poi si vedono e le cittadine e i cittadini se ne accorgono.
Nelle Marche, lo sappiamo, le cose sono andate diversamente: il nostro impegno in quella sede fu ingente ed è grazie ai voti che abbiamo preso sostenendo la candidatura indipendente di Valeria Cardarelli che il Pd è riuscito a rimanere primo partito nella provincia di Ascoli: è aritmetica, i mille voti di differenza sulla seconda lista, quelli di Fratelli d’Italia, sono stati quelli mobilitati dalle ragazze e dai ragazzi che poi avrebbero costruito Miranda.
Non è bastato, evidentemente, e dobbiamo chiederci il perché. Soprattutto in vista delle comunali di San Benedetto che si svolgeranno in autunno.
Veniamo, e Gianluca l’ha sottolineato bene, da cinque anni di sfascio firmato dal centrodestra. Una città aperta e democratica che si sta trasformando in cupa, depressa e ripiegata su se stessa: abbiamo il compito di fermare questo declino e ripartire.
Come si fa?
La prima cosa che mi viene in mente è dire: «unendo le forze». Più facile a dirsi che a farsi: i personalismi, i «divismi», le fughe in avanti purtroppo stanno diventando un’abitudine per tante compagne e tanti compagni della vecchia guardia, ma più in generale per tutto il personale politico di questa città, di cui abbiamo stima ma che sinceramente talvolta stentiamo a capire.
Penso però a quello che il Laboratorio di Miranda s’è dato come obiettivo sin dalla prima assemblea del 10 ottobre: ricostruire il modo di far politica aprendo una discussione sì larga ed aperta a tutti, basata però su argomenti e tematiche di interesse cittadino. Occorre rendersi conto che le sambenedettesi e i sambenedettesi meritano di più rispetto a quello che è stato offerto loro negli ultimi anni. E non parlo solo della destra – sono quello che sono e non potranno mai essere meglio di così – ma anche del centrosinistra e delle forze che lo compongono, che lo hanno composto, o che vorrebbero comporlo.
La nostra parte funziona solo se è aperta e se discute di temi. Aperta alla circolazione delle idee, ai nuovi volti, alle nuove pratiche. Se si chiude in mille divisioni, se ciascuno costruisce il suo fortino con l’unica prospettiva di escludere le altre e gli altri, semplicemente, la nostra parte non esiste. Se non impariamo a tradurre in attività politica quelli che sono i problemi di una società sempre più liquida e non capiamo come affrontarli in maniera strutturale, la nostra parte non esiste.
Una cosa in particolare mi sento di appuntare a Gianluca, che, come è noto, è impegnato nella costruzione di una coalizione «civica». Non è sufficiente, a mio avviso, organizzare un gruppo di persone che, per evitare le contraddizioni, rinunci ad avere una collocazione politica. Per essere più chiari, non basta mettere insieme le preferenze – raccogliendo anche centristi e scontenti di destra – per trasmettere una idea di città convincente. Il punto non è superare la destra e la sinistra, anche perché questo ricorda da vicino quanto un noto Movimento predicava fino a non troppo tempo fa, salvo poi allearsi prima con la destra e poi con la sinistra.
E allora Gianluca lo voglio sfidare, dalle colonne di questo Miranda Mag, ad abbandonare l’isolamento e ricostruire tutti insieme il centro sinistra: dalle compagne e i compagni di “Cambia San Benedetto” alle amiche e agli amici moderati. Perché la nostra generazione non può e non deve costruire steccati: su molte cose la pensiamo diversamente ma sono convito che Gianluca come tantə altrə, ognuno con le proprie idee, sia una risorsa per rinnovare il centrosinistra. Personalmente sto cercando di farlo dentro al Partito Democratico, e sono convinto che Gianluca lo possa fare nel partito che più lo rappresenta, ma senza contribuire a creare ulteriori steccati, senza la necessità che ogni piccolo gruppo debba creare nuove divisioni. Non è questione di persone, è una questione di prospettive comuni. Per questo credo che Gianluca potrà essere altrettanto libero anche ritornando a costruire un grande centrosinistra.
Tuttə insieme.

Iacopo Zappasodi

Ragazz*, tornate. Abbiamo bisogno di voi! – di Valerio Carincola

Due anni fa quando ero uno studente universitario a Milano un pensiero mi attanagliava. Pensavo: è giusto che uno studente faccia le sue esperienze in un’altra città per arricchire desiderosamente il suo bagaglio personale ed esperienziale ma quando arriverà il momento di decidere di «tornare a casa» si chiederà inesorabilmente, «mi conviene?».
Nella maggior parte delle volte la risposta è no. Anch’io ero della stessa posizione, tuttavia decisi di tornare a San benedetto del Tronto consapevole di voler partecipare politicamente alla vita cittadina e conscio della disastrosa situazione socioculturale causata da un’amministrazione priva di animo e di idee. Al sol pensiero che la mia città si stesse spogliando della meglio gioventù non faceva altro che alimentare la voglia di chiudere con vemenza la valigia e tornare a San Benedetto.
Ovviamente vi risparmierò la filippica riguardo cosa abbia sbagliato la sinistra sambenedettese e vorrei focalizzarmi su cosa potremmo fare adesso. Per questo motivo ho trovato, fortunatamente, Miranda: un faro immerso in un porto delle nebbie, un laboratorio politico in grado di ascoltare, condividere idee e disagi di giovani e non solo, di una città completamente alla deriva. Una città la cui unica offerta è quella di proporti dei «freddi aperitivi» e alcol a buon prezzo annegando un’intera generazione di ragazzi a una intollerabile mancanza di curiosità verso il prossimo. Vorrei vedere la città ridente di una volta, una città che permetta di richiamare quei giovani san benedettesi «in trasferta».
Sì perché abbiamo bisogno di loro. Però, per far sì che avvenga questo ritorno, abbiamo bisogno di una città urbanisticamente, culturalmente e lavorativamente attrattiva: solo così potremmo lavorare per il bene comune e di ricostruire giorno dopo giorno il rilancio della città e del territorio.
Indubbiamente, a causa del Covid, stiamo attraversando uno dei periodi più difficili dal secondo dopo guerra in poi, nonostante ciò con Miranda, adattandoci ai mezzi informatici che ci consentono in qualche modo di vederci, non ci siamo mai fermati e stiamo continuando a studiare idee per il futuro di San Benedetto. Vorrei che questo messaggio sia da monito per quei giovani lavoratori, universitari indecisi di tornare e vi dico tornate: we want you.
Come nella Ginestra di Leopardi, di fronte alla perdita di ogni speranza e all’impossibilità di una prospettiva per il futuro, il fiore sparge il suo profumo.
È solo partecipando tutti insieme che possiamo cambiare questa città.

Valerio Carincola

Perché è arrivato il momento di metterci la faccia – di Francesca Huda, Marco Giobbi, Iacopo Zappasodi

Nei mesi scorsi, insieme ad altre compagne e altri compagni, abbiamo cominciato un percorso di partecipazione alla vita politica del nostro territorio: Miranda.
Un laboratorio di partecipazione e politica, abbiamo detto, per noi un modo nuovo di stare insieme e di confrontarsi, senza casacche, liberә da schieramenti precostituiti e da preconcetti reciproci. Stiamo affrontando questo percorso con spirito libero, da giovani donne e uomini liberә e di sinistra. Miranda è questo, uno spazio dove confrontarsi e maturare idee fuori dagli schemi, «una forma originale della politica».
Nei giorni passati proprio in un’assemblea di Miranda è uscita fortissima la necessità di imprimere una svolta a quello che accade in questa città e nel nostro territorio, ed è uscita la necessità di metterci la faccia sul serio. Dal primo giorno abbiamo sempre riconosciuto il ruolo dell’impegno politico e sociale, nelle associazioni, nei sindacati, nei movimenti, e nei partiti. Moltә compagnә di strada militano in qualche partito, nelle associazioni, nei sindacati, altrә lo hanno fatto e sono rimastә scottatә, altrә ancora non lo hanno fatto mai. Ma a tutte e tutti si è rivolta quell’assemblea e ha chiesto alla nostra generazione di caricarsi la propria fetta di responsabilità e fare qualcosa.
E insomma, eccoci qua.
Abbiamo scelto di portare la nostra parte di contributo dentro il Partito Democratico. Lo facciamo consapevoli delle difficoltà che questo schieramento vive, anche nella nostra città, ma un po’ rincuorati dalla visione che il nuovo segretario nazionale, Enrico Letta, ha espresso. Non è il cambio di segreteria di per sé ad averci fatto maturare questa scelta, ma la consapevolezza, che vediamo sempre più crescente, che serva un «nuovo Pd». Noi vogliamo proprio questo: un partito rinnovato e capace di incidere nella società. Un Partito Democratico che sia fuori ai cancelli delle fabbriche con le lavoratrici e i lavoratori, che appoggi le battaglie delle studentesse e degli studenti per i propri diritti, che sia un partito di lotta e di governo, non solo una centrale di potere, come si sarebbe detto in un tempo che non abbiamo mai vissuto. Vogliamo un partito nuovo, che si apra alle nuove generazioni, capace di rinnovare le proprie idee, di unire tutta la sinistra e il centrosinistra, di dialogare con il sindacato, con le associazioni che popolano il territorio, di essere la voce delle e degli esclusә di questo paese.
Vogliamo farlo offrendo il punto di vista della nostra generazione, delle esperienze e delle posizioni che abbiamo maturato duranto le nostre esperienze. Vogliamo farlo, rilanciando un’iniziativa forte sul territorio su temi come il voto per le e i 16enni, lo Ius Soli, la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, il lavoro, che è un concetto ormai da ridiscutere a partire dalle sue fondamenta.
Sappiamo che per tutto questo serve un «partito nuovo», in grado di esprimere le proprie politiche in maniera libera, in grado di dotarsi di una struttura forte e solida, in grado di innovare la propria classe dirigente in continuazione.
Anche San Benedetto ha bisogno di un Pd nuovo, un Pd a disposizione della collettività del centrosinistra di questa città, un Pd che difenda i valori dell’antifascismo e che denunci il parentifico dell’attuale amministrazione, un Pd anche in grado di immaginare una città nuova, una mobilità sostenibile. E, soprattutto, un Pd capace di dire tutte queste cose con chiarezza. Noi vogliamo dare il nostro contributo. Lo vogliamo fare senza però mai rinunciare alle parole che ci hanno rimesso in moto, prima con la candidatura di Valeria Cardarelli, poi dentro Miranda: unità (della sinistra), e rinnovamento (delle idee e dei volti). Continueremo a spenderci per le nostre idee anche in questa nuova avventura.

Francesca Huda
Marco Giobbi
Iacopo Zappasodi

Il tempo della nostra responsabilità, per unire e rinnovare il centrosinistra – di Miranda

Ci sarebbe piaciuto trovarci ad analizzare una situazione completamente diversa. Ci sarebbe piaciuto poter aderire con convinzione ad un progetto di rilancio di San Benedetto, nella direzione dei valori che condividiamo e promuoviamo: antifascismo, solidarietà, ambientalismo, difesa dei diritti delle e dei più deboli, inclusione.

Invece, nonostante siamo certi che quei valori possano essere maggioritari non solo nel cuore e nella testa di chi ci legge, ma soprattutto nella stragrande maggioranza delle e dei sambenedettesi, ancora oggi vediamo la classe politica che ha guidato in vari modi e declinazioni il centrosinistra di questa città, impantanata in una discussione fatta di nomi, veti e contro-veti, difficoltà di comunicazione reciproca, mancanza di visione di lungo periodo. Il sentimento che questo dibattito trasmette è principalmente quello della confusione, e in seconda battuta dello sconforto.

Non ci sembra affatto utile alla causa che ci muove, quella del rinnovamento e dell’unità, entrare in questa contesa a gamba tesa, aggiungendo una voce al coro delle e degli scontenti. Per cui, nel corso della nostra Assemblea, abbiamo portato avanti con spirito costruttivo la nostra discussione, nell’ottica dell’unità.

Vorremo dire comunque senza mezzi termini ciò che pensiamo: è il momento della responsabilità di tuttə. Non veniamo giù dalla montagna del sapone e capiamo le legittime aspirazioni di ognunə, capiamo le divisioni politiche (meno quelle personali), capiamo le differenti visioni e i posizionamenti di ognunə, ma non c’è più tempo. Niente di tutto ciò è sufficiente o in grado di giustificare una eventuale divisione di questo campo politico. Non questa volta, non in questo momento storico.

La destra che ha governato questa città negli ultimi 5 anni ha dimostrato perfettamente i propri interessi personali, le proprie incapacità, e peggio di tutto la propria natura di destra pericolosa e avversa alle e ai più deboli. E, nonostante proclami di divisioni e le tattiche di qualcuno, state certi che rimarrà unita, e si presenterà unita per tenere il potere su questa città e continuare la propria opera di cambiamento (negativo in questo caso) culturale della città, disinnescando tutto il tessuto fatto di solidarietà costruito in anni, e combattendo gli anticorpi naturali che questa città ha sempre avuto ai fascismi.

La situazione è drammatica. Questa città li ha sempre avuti quegli anticorpi, ma non si può dare per scontato che finita quella che consideriamo una parentesi di destra, tutto torni alla normalità. Non sarà così, questa città non può permettersi altri 5 anni come gli ultimi . Il rischio è che la destra costruisca una rete di potere e clientele nella città solida, come accade da decenni ovunque riescano a mettere mano, e che riesca a cambiare la cultura di questa città per sempre. Abbiamo paura di tale prospettiva.

Per queste ragioni non possiamo tollerare la divisione. Per responsabilità di chi o cosa, o per quale motivo valido o meno, non ci interessa. Bisogna mettersi la mano sulla coscienza (politica e non) che ognuno delle e dei protagonistə politici sappiamo avere, e dare una risposta a questi interrogativi che la nostra generazione pone legittimamente, costruendo da subito una coalizione antifascista e progressista larghissima, perché il futuro di questa città si deciderà oggi. E la nostra scelta è quella di prenderci la nostra parte di responsabilità collettiva impegnando il nostro Laboratorio da subito per provare a mettere insieme questa prospettiva.

Ma questo non basta, perché sappiamo che se da una parte al mondo della politica tutto chiederemo di trovare le soluzioni e chiediamo responsabilità, dall’altra parte a tutte le giovani e i giovani che hanno animato il nostro percorso sin qui chiediamo di prenderci anche noi una parte di responsabilità, ognuno nella propria sensibilità, e fare uno sforzo di presa in carico della situazione: mossi dalla volontà di unità, mossi dai valori costitutivi della sinistra sincera e rinnovata che ci piace e che immaginiamo, chiediamo a tuttə di entrare nella politica sambenedettese senza chiedere il permesso, spendendoci tuttə quantə insieme, ovunque e in qualsiasi progetto, partitico, associativo, sindacale, o ciò che ritenete, senza attendere oltre e per perseguire l’unico obiettivo che a tutti noi interessa: rinnovare la politica di questa città, cambiarla profondamente, ricostruire le reti della solidarietà e vincere le elezioni per cacciare questa destra proto-fascista che sta costruendo un futuro buio per tutti noi.

I tempi per l’impegno sono maturi, chiediamo responsabilità, intanto prendiamoci la nostra parte di impegno.

L’unità è l’unica soluzione, pratichiamola. Insieme, e a tutti i costi.

Le ragazze e i ragazzi di Miranda

Famiglia «naturale» e dintorni – di Valeria Cardarelli

La Destra, reificata nella giunta regionale marchigiana a guida Francesco Acquaroli, sta affrontando i primi mesi del suo governo con quello che sembra essere un progetto coerente: il ripristino dello status quo ante. Ante a che? Al 1950. 
Più d’uno sono gli argomenti fondanti del discorso restaurativo in atto, che forniscono a questo governo regionale la sua caratura distintiva. Il primo si rintraccia nel dibattito innestatosi a partire dalle dichiarazioni antiabortiste dell’Assessora Giorgia Latini (alla quale, ci teniamo a precisarlo, nessuno ha intenzione di bruciare la casa).  Dichiarazioni che hanno trovato compimento nell’ideologia di cui si fa massimo promotore il capogruppo FdI Carlo Ciccioli che, dai banchi della Regione fino alle principali testate giornalistiche nazionali, ha tuonato convintamente quanto la vera battaglia oggi non sia più quella per il diritto all’aborto, quanto quella alla denatalità e alla sostituzione etnica. Una convinzione quella di Ciccioli che lui stesso ha provveduto a spiegare avvalendosi del seguente ragionamento sillogistico: «c’è un intero plesso scolastico che non ha più studenti italiani. C’è stata una sostituzione. Oggi io sostengo che occorre approvare immediatamente una “194” in difesa della libertà delle donne di fare figli […] Anche gli italiani hanno diritto di vivere come popolo e di riprodursi, non dobbiamo essere ridotti come i “nativi americani”, tanto citati oggi dal Presidente Biden».
Oltre alla necessità di porgere le nostre scuse alle Prime Nazioni, questa presa di posizione ci consente di definire con chiarezza il primo pilastro su cui poggia il progetto politico della Destra marchigiana: la donna, intesa come categoria universale, deve essere madre! Madre italiana di figliə italianə perché i popoli stranieri non ci colonizzino annichilendo le nostre radici. Insomma, ben tornati tempi della donna matrona e massaia!
Ma la volontà reazionaria della Giunta Acquaroli passa, in concreto, attraverso il rifiuto della mozione proposta dall’Assessora Manuela Bora (PD) il 26 gennaio 2021, che si esprimeva in merito alla legge 194 e sull’accesso all’IVG farmacologica. Attraverso questo rifiuto si esprime anche il fermo “no” della Giunta a quanto stabilito dalle linee di indirizzo nazionali aggiornate lo scorso agosto dal Ministero della Salute che stabilivano le corrette modalità di somministrazione della RU486 e la sua messa a disposizione nei consultori e in regime di day hospital. Un attacco questo che non ha lasciato inermi le realtà dell’associazionismo femminista e transfemminista del territorio, che si sono prontamente mobilitate dando una risposta corale di ferma disapprovazione alla linea proposta e promossa dalla Regione. La legge 194 e l’IVG farmacologica necessitano di essere implementate e messe al passo con gli standard Europei ed internazionali, non di venire ostacolate in un momento di crisi sanitaria mondiale come quella determinata dalla pandemia. Ma ancora una volta non possiamo dirci stupitə. In fondo fu lo stesso Francesco Acquaroli durante la sua campagna elettorale a dichiarare che, rispetto alla questione 194, nel corso del suo – allora ancora ipotetico – mandato avrebbe adottato misure simili a quelle Umbre.
Alla presa di posizione pro-life della maggioranza ha fatto seguito la proposta di legge n.20 del febbraio 2021, il cui testo – diviso in 8 capi, 24 articoli e alcune decine di commi – rivela la sua linea ideologica già al Capo I, quello delle disposizioni generali, nel quale si afferma che la Regione: “riconosce, tutela e promuove i diritti della famiglia società naturale fondata sul matrimonio”. Insomma, quando la Regione Marche parla di riforme a favore della genitorialità e della famiglia fa riferimento ad un immaginario che, per lo più, prende ormai vita solo nelle pubblicità di biscotti, prodotti da forno e affini. 
Di nuovo, il primo ad esprimersi favorevolmente in merito è Carlo Ciccioli che, vogliamo ricordarlo, vanta già al suo attivo un tentativo di riforma la legge 180 (nota ai più come legge Basaglia). Punti salienti della sua proposta di revisione del 2012 sono gli articoli 4 e 5 che introducono concetti quali: l’intervento sanitario obbligatorio, il trattamento necessario e il ricovero senza consenso. 
Ma non divaghiamo. In merito alla famiglia naturale Ciccioli ha dichiarato: “Il padre deve dare le regole, la madre deve accudire” (viene da chiedersi cosa ne pensa Giorgia Meloni) per poi fare capo a quelli che, a suo dire sono principi già rintracciati dalla psicoanalisi, per cui: “senza una di queste figure i bambini possono zoppicare andando avanti nella vita”. 

La replica a Ciccioli è arrivata, diplomatica ma decisa dall’Ordine degli Psicologi delle Marche che ha ribattuto: «In letteratura scientifica è ampiamente dimostrata l’importanza della qualità della relazione sia nella trasmissione delle regole che nello stile di accudimento. Rispetto ai fattori di rischio che intervengono nello sviluppo psicologico dell’individuo, occorre una visione bio-psico-sociale che consideri la sua complessità. Pertanto riteniamo vada posta massima attenzione nell’esprimere considerazioni che rischiano di discriminare, semplificando, condizioni familiari perfettamente funzionanti, pur non rientrando nella descrizione sopracitata». 
In soldoni, gli stili genitoriali non sono legati al sesso biologico né all’orientamento sessuale di chi poi svolgerà la funzione educativa e del ruolo di cura necessari alla crescita sana ed armonica della prole. Il concetto logico ed ideologico che fa capo all’etichetta “famiglia naturale”, intensa come quel gruppo sociale il cui nucleo è composto da due individui che per determinazione biologica hanno il potenziale e l’armamentario riproduttivo utile a creare una nuova vita, porta con sé la pratica violenta di un’esclusione linguistica che va al di là del semplice e retorico bigottismo catto/fascista. 
Dunque, la famiglia naturale sarebbe quella costituita da un uomo cis e una donna cis che, nel pieno delle loro facoltà, decidono di mettere al mondo dei figlə. 
Quella “famiglia” che nel testo della proposta di legge è citata per ben 56 volte, non è la famiglia di tuttə ma la famiglia di alcunə. È la famiglia eterocisnormata e la proposta di legge, che ad essa fa riferimento come modello, non prende in considerazione le coppie omogenitoriali. Ma cosa ne è delle famiglie monoparentali, delle coppie conviventi senza prole e di tuttə coloro che si trovano a rappresentare una particolarità deviante dalla norma biologico-riproduttiva? Una concezione di legame familiare, questa, che è latrice di uno stigma sia per le soggettività facenti parti della comunità lgbtqia+, sia per tutti quei genitori eterocis che hanno figli omosessuali o trans. Famiglie “naturali”, appunto, che si trovano a temere gli effetti che questa categorizzazione avrà sui loro figlə, e su quella che è una situazione legislativa e sociale già ai limiti del discriminatorio che, a livello istituzionale, sta ottenendo dignità e riconoscimento solo grazie alla legge Cirinnà sulle unioni civili e alla Legge Zan che speriamo non venga ostacolata nel suo percorso di approvazione da questo governo di larghissime intese.
Questo il quadro generale, l’aria che si respira nelle Marche. Effluvi non proprio balsamici dai quali si evince una volontà omolesbobitransfobica chiara, che muove dal presupposto di una discriminazione alle famiglie omogenitoriali in quanto capaci di mettere in discussione l’assioma di cui sopra: “il padre dà le regole e la madre accudisce”. Le famiglie omogenitoriali, quelle composte dunque da due madri e due padri contribuiscono a scardinare il paradigma binario per cui i ruoli genitoriali sarebbero indissolubilmente legati ai ruoli di genere. Questo significa mettere in discussione il ruolo di sudditanza della donna nell’ambito familiare, così come quella de padre “padrone”. Il tutto in funzione della salvaguardia del sangue italico dalla minaccia straniera che, nel 2021 (ma anche prima) ed immersi come siamo in un mondo che vorrebbe essere senza frontiere, suona come un timore vagamente anacronistico.
Lo si diceva all’inizio: la coerenza, in mancanza di altro, è ammirevole. 

Valeria Cardarelli