In questi mesi la scuola è stata soggetta a continui cambiamenti a causa dell’emergenza sanitaria che ha messo a dura prova tutto il mondo e, qui nelle Marche, si è da poco tornati alla didattica in presenza al 50%.
Sono stati gli istituti d’istruzione superiore quelli che più di tutti hanno risentito di questa situazione, in un clima di incertezza che non ha mai permesso una continuità nel percorso didattico: è infatti da ottobre che si oscilla tra didattica in presenza e a distanza, condizione che si protrarrà fino al termine dell’anno scolastico, visto l’andamento variabile dei contagi.
Sul rientro in presenza si è molto discusso, tra chi propende per non tornare in classe e chi invece è contrario alla DaD. La questione, tuttavia, si articola in più aspetti e non può essere trattata superficialmente come spesso viene fatto, ma occorre considerare quale sia davvero la modalità migliore per una didattica sicura, che garantisca agli studenti diritto allo studio e salute. Queste ultime, che dovrebbero essere priorità, non sono state però trattate come tali: la scuola, sin dall’inizio della pandemia, è stata posta in secondo piano perché non direttamente utile alla crescita economica del Paese, lasciando indietro tantissimə studentə. Spesso la didattica a distanza è stata adottata come ripiego senza considerare invece un piano funzionale per un rientro in sicurezza. I risultati sono evidenti: dal notevole aumento dell’abbandono scolastico negli ultimi due anni ai disagi psicologici che gli studenti vivono quotidianamente.
La pandemia che da più di un anno a questa parte stiamo vivendo ha ridimensionato drasticamente i rapporti interpersonali di tuttə.
Noi, a San Benedetto come in tutta Italia, riducendo le occasioni di socialità che la scuola stessa forniva in presenza. La didattica a distanza favorisce la creazione di un clima teso dovuto a una generale diffidenza in primo luogo da parte dei docenti, che spesso degenera in episodi umilianti come le “interrogazioni da bendati”. Allo stesso tempo anche lə studentə, hanno maturato una sfiducia nei confronti dei docenti e nelle istituzioni stesse da cui non si sentono ascoltati, come dimostrato dai molteplici dati che dovrebbero farci riflettere sui rischi a cui lə studentə sono espostə.
Uno studio sui pronto soccorso pediatrici di Torino, Cagliari e di altri 21 ospedali in dieci Paesi diversi durante la prima ondata di Covid, pubblicato su «European Child and Adolescent Psychiatry», mostra ciò che è successo in tutto il mondo: gli accessi per atti di autolesionismo in marzo e aprile 2020 aumentano dal 50% al 57%, con un’incidenza in crescita degli «intenti suicidi» e dell’isolamento come fattore scatenante.
Sono numerosi infatti i problemi sorti con la didattica a distanza, tra questi l’aumento di tensione e stress e la sempre maggiore difficoltà di concentrazione.
A questo generale clima di diffidenza, si aggiunge il fatto che l’apprendimento didattico è fortemente ostacolato: in mancanza di adeguati supporti e con rapporti tra studentə e professorə sempre più labili, chi ha maggiori difficoltà viene lasciato ancor più indietro.
Questi sono solo alcuni tra i tanti esempi che si potrebbero fare per raccontare i disagi della DaD, che per tali motivi non può essere considerata al pari della didattica in presenza.
Come Robin Hood crediamo che non sia possibile, a fronte di tutti questi problemi, sacrificare il diritto allo studio ripiegando su soluzioni sbrigative che addossano alle scuole la colpa delle nuove ondate di contagi, come recentemente smentito dalla Camera dei Deputati.
Occorre invece mettere l’istruzione al primo posto e investire su una scuola che garantisca a tuttə lə studentə un piano di apprendimento sicuro che non lasci indietro nessuno!
Rete degli Studenti Medi – Robin Hood